bio
Silvia Celeste Calcagno è nata a Genova nel 1974, vive e lavora ad Albissola. Diplomata all' Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. Vince nel 2010 il I Premio Opera Pubblica Festival Internazionale della Maiolica Albissola MuDA Museo Diffuso Albissola Marina, nel 2013 il Premio Speciale Artisti in Residenza Laguna Art Prize Venezia, nel 2013 la Targa del Presidente della Repubblica, 57° Concorso Internazionale della Ceramica d’arte
Contemporanea Premio Faenza e nel 2015, prima donna italiana, la 59° edizione del Premio Faenza.
Tra le mostre principali: Nerosensibile, Studio Lucio Fontana, a cura di Luca Beatrice, Albissola 2012, Not Me, Musei Civici Imola e Il Pomo da DaMo Contemporary art Imola ,a cura di Luca Beatrice 2014, Mood, PH Neutro Fotografia Fine-Art a cura di Luca Beatrice, Pietrasanta 2014,
GNAM Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma 2015, Interno 8 La fleur coupée, Officine Saffi, a cura di Angela Madesani, Milano 2015, La sfida di Aracne Riflessioni sul femminile dagli anni '70 ad oggi, Nuova Galleria Morone, a cura di Angela Madesani, Milano 2016, XXIV Biennale Internationale Contemporaine Musée Magnelli, Vallauris 2016, Il millenio è maggiorenne MARCA Catanzaro e Fabbrica Eos Milano, a cura di Luca Beatrice, 2017.
Nel 2017 espone in Corea, In the Earth Time. Italian Guest Pavillion Gyeonggi Ceramic Biennale Yeoju Dojasesang. Sempre nello stesso anno, presenta IF ( but I can explain ) al Museo d' arte contemporanea Villa Croce, Genova a cura di Alessandra Gagliano Candela, esposto nel settembre 2017 nella Project Room della Nuova Galleria Morone, Milano.
Nell' ambito della V Biennale di Mosaico di Ravenna in collaborazione con il MIC Faenza inaugura la personale Il Pasto bianco (mosaico di me) a cura di Davide Caroli, l' opera fa parte delle collezioni permanenti della storica Biblioteca Classense e MAR Ravenna. Nel Luglio 2018 espone al Museo Carlo Zauli di Faenza con un'installazione site specific, nella quale il suo lavoro dialoga con quello del Maestro, nella personale ROOM 60 a cura di MCZ. Nel 2019 con un nuovo progetto partecipa alla seconda edizione di Other Identity , Genova. Scrive di lei Francesca Bogliolo " È un esercizio di igiene costante, quello che Silvia Celeste attua su sé stessa fino a ridursi, come un novello San Bartolomeo con la sua stessa effigie in mano e un coltello ricurvo nell’altra, è una pratica che conferisce al corpo una natura esposta, sacrale "
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Tra se e sè
Nell’insidia della soglia nasce IF. Su quella soglia, che Yves Bonnefoy evoca nella poesia intitolata appunto Nell’insidia della soglia 1, ha avuto origine il progetto. Silvia Celeste Calcagno cattura una situazione di sospensione in un lavoro strettamente connesso alla sua vicenda esistenziale, sciogliendo la struttura compatta delle sue installazioni in una
forma diffusa, che abbraccia lo spazio della Project Room del Museo di Villa Croce.
La soglia sulla quale è nato IF è in effetti quella tra la vita e la morte, tra la realtà ed il ricordo, evocata per l’artista dal Cimitero Monumentale di Modena di Aldo Rossi. Su questa soglia, in bilico sul vuoto, l’artista, ma anche ognuno di noi, cammina riguadagnando continuamente il suo punto di vista, in un progetto diventato nel suo svilupparsi il diario inquieto di un passaggio.
IF (but I can explain) è la formula finale, non definitiva, di una ricerca che Silvia Celeste Calcagno ha condotto nell’ultimo anno, registrando gradualmente il variare della sua condizione esistenziale e reificandola in una stanza, interiore ancor prima che esteriore, alla cui composizione hanno contribuito media diversi in dialogo continuo tra loro. Nato come testimonianza del rapporto infinito tra parola e immagine che Michel Foucault, ne Le parole e le cose (1966) ha posto come irriducibili l’una all’altra2, IF si è anzitutto realizzato nell’idea di un’installazione nella quale l’artista si riprende in movimento, in un cammino vertiginoso nel quale si individuano le gambe, i piedi, il lembo di un cappotto. Una situazione di sospensione, della quale fanno parte un’installazione sonora e un video,
Air fermé che registra lo scorrere impercettibile del tempo in un paesaggio urbano, segnato dal variare delle luci. La trama della tenda attraverso la quale avviene la ripresa offusca come un velo i contorni degli edifici, le sagome degli alberi, agendo come un filtro sulla percezione.
L’installazione sonora, Could you please stop talking?, ispirata ad un libro di Raymond Carver, come in un mantra enumera brani di quotidianità e invita al silenzio l’altra persona che condivide lo spazio della vita. Una voce maschile la recita nel silenzio della Project Room, abitando diversamente lo spazio bianco del Museo.
Nel procedere della ricerca, il progetto si è ulteriormente delineato in una constatazione degli spazi esistenziali, della loro consistenza di oggetti e ricordi, realtà e memoria che costituiscono la base visiva di Just lily, riassumendo nella formula del fiore amato la precarietà di una condizione nella quale il vissuto si fa memoria. Sono foto, oggetti d’uso
catturati in fermoimmagine, frammenti della quotidianità, tracce di un passato anche recente, brani di pareti, ritratti precisamente o solo evocati, dai contorni nitidi o sfumati.
Un catalogo minuzioso di situazioni che ripropongono la sua vita in un luogo che presto dovrà abbandonare, momenti consueti che diventano unici. Così, convivono nell’installazione immagini della Madonna e foto con il compagno, oggetti di abbigliamento e libri, la foto della nonna della quale porta il nome e parti dell’arredamento,
inviti alle sue mostre, fiori e ritratti di bambini, in un affollarsi di dati in realtà sistematico, una Wunderkammer la cui chiave di accesso è l’artista stessa.
Trasposte in grès chiaro, con contorni bruno-rossastri, le immagini di dimensioni più o meno grandi, oltre mille lastre in cinque formati diversi, compongono negli ambienti di Villa Croce una vicenda sospesa tra passato e futuro, che diviene reale ad ogni visita. Il processo artistico stesso di Silvia parte dal dato esistenziale, in una condizione di percezione sospesa tra sonno e veglia, nella quale emerge gradualmente lo spunto che darà vita alle constatazioni. Sono prese dirette della realtà, effettuate attraverso il medium fotografico, nella scia del procedere di artiste come Gina Pane. Il femminile e la sua identità anche dolorosa e sanguinante occupano, infatti, un posto importante nella ricerca di Calcagno che li ha senza veli espressi in lavori come Celeste, so happy (2013) e ne segnano il percorso recente. Una performatività intima, quasi segreta che si delinea nelle installazioni, registrate nello spazio privato e sviluppate in una serie di tessere, quasi un mosaico che ricompone brani di vita che nell’arte sembrano trovare una propria realtà.
Gli scatti delle constatazioni fissano l’elemento reale, poi sottoposto ad un accurato intervento di post-produzione, nel corso del quale l’artista lavora sulle singole riprese, mantenendone o sfumandone contorni e definizione, in vista della trasposizione in fireprinting ®. Il grès sul quale alla fine del procedimento appare l’immagine, accoglie con
la sua superficie scabra il risultato di questa elaborazione, in una miscela di perizia antica e ricerca contemporanea di grande suggestione. Le lastre in fireprinting® paiono il prodotto di un processo alchemico, nato dalla magia del dagherrotipo e trasposto in un medium del XXI secolo.
La post-produzione è, infatti, il momento nel quale l’elaborazione tecnica diviene assunzione di una nuova forma, che dà rilievo agli elementi più significativi e sfuma quelli meno importanti, in un gioco di luci ed ombre raffinato e variabile nei toni e nell’intensità, particolarmente evidente in Just lily.
Con IF (but I can explain) Silvia Celeste Calcagno sperimenta un nuovo assetto delle sue installazioni, aprendo la loro forma quadrangolare e compatta ad occupare in maniera più estesa lo spazio delle pareti. Ne nasce un’installazione diffusa, che supera la forma simbolica del quadro, delineando un ordine variabile che contiene in sé infinite possibilità. È una modalità espositiva che Silvia ha sperimentato in nuce nel progetto presentato a The Others a Torino nel mese di novembre 2016 e che trova nella Project Room di Villa Croce il suo naturale sviluppo.
Un’opera aperta, studiata site-specific per gli spazi del Museo, con i quali ha da subito dialogato e che segna un traguardo importante nella carriera dell’artista. In questo percorso instabile nell’interstizio tra passato e futuro, Calcagno evoca tracce della sua esistenza, frame di un fluire che si riflette nel video, dove la rarefazione nell’immagine acuisce la sensazione di sospensione.
Il fireprinting® si rivela una tecnica estremamente duttile, quasi un metalinguaggio in grado di dare vita ad immagini evanescenti, attimi dei quali si coglie il passaggio e che restano nella memoria. La voce fuori campo segna piccoli elementi quotidiani, in un’iterazione ossessiva che si trova in altre opere come Ring around the rosie (2015), ma che
l’ incorporeità rende straniante. IF è infatti un progetto nato dall’intreccio di media diversi, che stabilisce un rapporto più ampio con il visitatore, poiché lo induce a ricomporre nella sua coscienza i frammenti di un percorso esistenziale. Lasciando vagare lo sguardo sulle pareti, egli varcherà una soglia ed entrerà in una differente dimensione di realtà, come un flâneur nello spazio bianco dell’esistere.
1 Yves Bonnefoy, Nell’insidia della soglia, Parigi 1975, edizione italiana Einaudi, Torino 1990, p. 10, segg.: “Urta/Urta per sempre./Nell’insidia della soglia…”.
2 Michel Foucault, Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, parte I, Le damigelle d’onore 2, Parigi 1966, edizione italiana digitale, Rizzoli, Milano 2013, pp. 4-5.
Alessandra Gagliano Candela